SABBIE DEL PARADISO. Una storia di incantesimi, di Levi Pinfold, traduzione di Damiano Abeni, Orecchio Acerbo, ottobre 2022

Seguiamo rose bianche in fiore

all’antro del Tesoriere

Terra morta fino alla fontana

della residenza sovrana

Chi un goccio ne sorseggia

entrerà nella reggia

Spezza il pane al Tesoriere

sprofondiamo nel terrore

In piscina purificati

veniamo da Lui governati

Strappati a ciò che è

siamo nelle grinfie del Re

Con questo misterioso testo, che precede il frontespizio, come una citazione, ma priva di fonte, si apre il nuovo libro di Levi Pinfold, da lui scritto ed illustrato. Davanti cosa mi trovo? Un salmo, una poesia simbolista, un canto? La storia non è neppure incominciata e già la mia testa si riempie di domande. Giro la pagina e – di nuovo – qualcosa di inusuale: trovo il frontespizio, ma accanto quel che segue già non è più paratesto, è un’illustrazione, ed è l’inizio della storia, che parte così, a schiaffo pur vero che sto maneggiando un libro pubblicato da Orecchio Acerbo, dove ogni cosa, nell’impaginazione e nella grafica, nella scelta del formato è già testo, traccia, senso). Una macchina bianca attende di partire, dentro tre ragazzi; sull’uscio di una porta una bambina che ripone qualcosa in borsa prima di, verosimilmente, salire sull’auto. La luce è polverosa, trasuda afa da seccare la gola, sembra un frame di un film ambientato a Los Angeles o in qualche altra megalopoli piena di anime perse. Eppure l’immagine nasconde un segreto al di là della cruda realtà che ritrae, e turba lo sguardo, come un quadro di Hopper dipinto per mano di un artista metafisico. Continuo a sfogliare, a scavare, forse; dopo tre tavole fatte di volti e paesaggi (mi sembra di rintracciare chiari richiami al bush australiano, negli aridi scenari disegnati che Pinfold conosce bene, abitando da lungo tempo nel South Wales), iniziano le parole. In questa storia quattro fratelli attraversano il deserto in macchina. Il più grande guida e canticchia dei versi (proprio quelli con cui si apre il libro), la più piccola, che è anche la narratrice, vuole raccogliere dei fiori per la mamma e così fermano la vettura in mezzo al deserto. Fanno un bel mazzo di rose bianche, ma l’aria è torrida, toglie il fiato. Scorgono un sentiero, e, in fondo, un edificio, dove forse potranno trovare ristoro. Presto mi accorgo che ogni azione che i tre fratelli compiono segue la trama del canto in incipit, come fosse un monito da seguire, come un incantesimo che li ha presi (la trama era, dunque, tutta scritta a pagina uno?). Solo la piccola è scettica. I grandi bevono ad una fontana e varcano l’ingresso di un maestoso palazzo bianco (che pare l’edificio della secessione viennese illustrato da De Chirico) in cerca di cibo; qui, come da copione, trovano una piscina e vi si immergono, incuranti delle preghiere della sorella. E in questa sorta di rituale battesimale vengono “strappati a ciò che è”, trasfigurati in magnifici animali. La piccola grida aiuto, ma nessuno risponde, sinché non appare il Tesoriere, un maestoso leone, che la accoglie e le offre da bere e da mangiare, ma lei vuole solo indietro i suoi fratelli. Non desidera arrendersi a quello splendido luogo, quel paradiso, vuole tornare indietro dalla sua mamma, e con i suoi fratelli. Per riaverli stringe con il Tesoriere un patto: dovrà trascorrere tre giorni interi senza cibo né acqua. E nonostante sotto lo sguardo della bambina si compiano banchetti e feste, ella resiste nel suo digiuno. Solo l’ultimo giorno, con il sole allo zenith, usa un po’ d’acqua per non far morire i fiori bianchi presi per la sua mamma. Al crepuscolo il Tesoriere deve premiare la determinazione della piccola, ma un poco d’acqua gli è stata rubata e dunque, mentre il palazzo svanisce in un turbinio di sabbia e polvere, lancia una profezia, per cui un giorno i figli che la bambina avrà troveranno il suo palazzo e, se sceglieranno di restare, saranno suoi. Poi tutto si ricompone, la bambina torna all’automobile, i fratelli son lì che dormono e si addormenta anche lei. Una cesura nel testo che mi guida verso la conclusione, con i quattro fratelli che guidano e ridono, come nulla fosse accaduto, per giungere in un luogo asettico, forse un’ospedale, dove la madre li attende. I fiori vengono consegnati, ma lo sguardo materno, attento e profondo, comprende da dove arrivino i suoi ragazzi, dall’Antro del tesoriere. Un abbraccio complice fra madre e figlia scioglie il finale e consegna l’invisibile.

Chiudo il libro e mi chiedo: cosa mette l’autore nelle mie mani? Una fiaba? Un mito? Un enigma? Quanta densità in questa storia fatta di elementi reali e simbolici che s’intrecciano fra loro, che ricorda certi esperimenti letterari di realismo magico, illustrata con immagini potenti a cavallo fra iperrealismo ed espressionismo. Mi pare che questo enigma non vada sciolto, ma piuttosto percepito fisicamente nel suo porre i sensi in allerta, fra mille fatemorgane e antichi moniti, come un urgente richiamo al presente che stiamo vivendo. Il racconto di un’umanità che ha perso l’orientamento e la capacità di discriminare fra desiderio e pulsione, il cui destino è nelle mani di una bambina determinatissima a non far seccare dei fiori.

Certo, tutti questi ragionamenti speleologici sono propri di una mente adulta. E allora, mi chiedo, come reagirebbe una bambina, un bambino davanti a questo albo illustrato? Immagino bene, immagino che l’aspetto perturbante che lo caratterizza possa essere motore per stimolare nella mente infantile domande di senso. Domande che naturalmente l’infanzia è portata a farsi e delle quali non è delle risposte ad andare in cerca, piuttosto di altre domande, ed altre ancora, che, ipotizzo, la avvicinino ai segreti, alle corrispondenze, all’infinito dell’universo, ad una percezione magica, preclusa all’età adulta e che solo l’arte e lo studio sanno, in piccola parte, restituire.

Sabbie del Paradiso viene portato in Italia da Orecchio Acerbo nello stesso anno della sua pubblicazione originale per la Walker Books Ltd. Qui da noi i superbi lavori di Pinfold sono stati editati da Terre di Mezzo (“Cane Nero” e “La Stagione dei frutti magici”), da Orecchio Acerbo (che nel 2018 pubblica un capolavoro a quattro mani, “La Diga”, scritto da David Almond e da Levi Pinfold illustrato) e, infine, da Salani (che di recente ha fatto uscire “L’ultimo orso”, una narrativa scritta da Hannah Gold e con illustrazioni di Pinfold). Non tutti i suoi lavori sono arrivati in Italia e certo sarebbe bello poter stringere fra le mani la sua prima opera “The Django” ispirata al celebre musicista, uscita originalmente nel 2010 per Templar Books.

Sabbie del Paradiso è un albo porta, che si presta ad intime letture condivise, consigliato dai 7 anni in su.

Maria